Cos’è e come si gestisce il condominio minimo. Obbligo dell’uso delle tabelle millesimi per la ripartizione delle spese .
Quando un fabbricato è composto da alcune unità immobiliari di proprietà di due soggetti diversi, nasce la comunione sulle parti e beni comuni e di conseguenza si costituisce il cosi detto “condominio minimo”. Un esempio pratico, per capire bene il concetto è, ad esempio, una casa con tre appartamenti, due di proprietà di Tizio e uno di proprietà di Caio, posti due a piano primo e uno a piano secondo, ciascuno con accesso dal vano scala. Le tre unità hanno la comproprietà del vano scala e la comunione sulle altre parti comuni, fra cui la muratura perimetrale, ed essendo di proprietà di due soli soggetti, ecco che l’immobile ricade nella definizione di “condominio minimo”
La disciplina del “condominio minimo” è applicata anche al piccolo condominio, cioè quel fabbricato con non più di 8 condòmini, soglia oltre la quale è obbligatorio nominare l’amministratore. Infatti come dispone l’art. 1129 comma 1 del codice civile quando un edificio è di proprietà di più di 8 condomini è obbligatorio nominare l’amministratore e se l’assemblea non vi provvede quest’ultimo è designato dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condòmini (…).
Il “condominio minimo” si costituisce automaticamente mediante il frazionamento (suddivisione) dell’immobile, quindi non servono né maggioranze né delibere assembleari. Pertanto se Tizio vende a Caio un appartamento nella casa dove vive, o che ha costruito, o ereditato ecc, ecco che la proprietà è stata frazionata e quindi si è istituito automaticamente il “condominio minimo”.
Come tutti i condomini, anche il “condominio minimo” è sottoposto alle norme relative alla conservazione delle cose comuni e quindi alla partecipazione dei singoli proprietari alle spese che interessano quegli interventi straordinari o ordinari sulle parti comuni, come ad esempio la tinteggiatura del vano scala, il pagamento dell’energia elettrica per le scala e/o per l’ascensore, la cura del verde, la manutenzione annuale dell’ascensore ecc.
La suddivisione delle spese fra i proprietari deve avvenire utilizzando le tabelle millesimali, le quali rappresentano gli strumenti di ripartizione delle spese che individuano il valore della singola unità immobiliare in relazione alle parti comuni dello stabile in misura, definita dalla legge, millesimale (art. 68 disp. att. c.c.). Esistono vari tipi di tabelle millesimali, quelle dette di proprietà generale, quelle relative all’ascensore, quella relativa alle scale, ecc, ognuna utilizzata per funzioni e usi specifici.
Infatti per ripartire il costo relativo alla manutenzione annuale dell’ascensore o al consumo di luce per il suo funzionamento non si utilizza la tabella di proprietà generale, ma quella specifica per l’ascensore, la quale, nell’attribuzione dei millesimi per ciascuna unità immobiliare tiene in maggior considerazione, rispetto alla tabella di proprietà generale, l’altezza, ovvero il piano, in cui si trova l’appartamento. Per la ripartizione dei consumi di luce per le scale o la loro pulizia si utilizza la tabella di proprietà generale. Quest’ultima viene utilizzata anche per la suddivisione dei costi per l’assicurazione del fabbricato e il conto corrente.
Anche nel “condominio minimo” le spese necessarie alla conservazione o alla riparazione della cosa comune dovranno essere adottate mediante regolare delibera, assunta dall’assemblea previa regolare convocazione. Per quanto riguarda il funzionamento dell’assemblea (costituzione, validità delle delibere, ecc.), nel condominio minimo valgono le stesse regole del condominio ordinario, con i necessari adeguamenti. Ad esempio, se il codice civile prescrive la regola della maggioranza per le delibere assembleari, in presenza di due soli condomini sarà indispensabile raggiungere l’unanimità (Corte di Cassazione sentenza n. 5329/2017).
Nel caso in cui non fosse possibile raggiungere l’unanimità sarà necessario ricorrere all’autorità giudiziaria, così come previsto dall’art. 1105 del codice civile che afferma testualmente: ”se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero, se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria.”