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Chi non rispetta il decoro architettonico incorre in una vertenza civile

Chi non rispetta il decoro architettonico incorre in una vertenza civile

Il valore di un appartamento è legato alla sua superficie, alla zona in cui è ubicato e al contesto condominiale di cui fa parte. A parità di zona ha maggior valore un immobile sito in un condominio armonioso dal punto di vista architettonico rispetto ad un altro sito in uno stabile dove il disordine sulle facciate ha il sopravvento.

Per disordine si intende tutti quegli elementi che alterano il prospetto al punto di renderlo disarmonico. Un esempio ne sono le antenne paraboliche agganciate ai parapetti dei poggioli o sulla muratura, le caldaie esterne, le canne fumarie che escono dai muri perimetrali, gli infissi diversi fra piano e piano, i condizionatori d’aria agganciati nella parte in alto della muratura e ben in vista, le tende sui balconi diverse fra loro, ecc.

Il codice civile non parla espressamente del decoro architettonico ne lo definisce nelle sue caratteristiche. Ne fa un accenno all’art. 1120 laddove stabilisce che nel condominio sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.

E’ la corte di Cassazione che più volte è entrata nel merito, ne è un esempio la sentenza 851 del 2007 con la quale i giudici hanno stabilito che il decoro architettonico è l’estetica del fabbricato, data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata armonica fisionomia ed una specifica identità. E’ chiaro che tutti gli elementi inseriti successivamente rispetto alla realizzazione dell’edificio e che chiaramente non rispettano l’omogeneità del fronte non fanno altro che rovinarne la piacevolezza visiva.

Pertanto il condòmino che lede l’estetica del condominio commette un abuso e può essere sottoposto al giudizio del tribunale nel caso l’assemblea lo ritenga necessario. In tal senso si è espressa la corte di Cassazione la quale  ha rigettato, con sentenza n. 29905/2018, il ricorso di una condòmina contro una sentenza del Tribunale (confermata in appello) che l’aveva condannata a rimuovere una chiusura in vetro e metallo realizzata sul balcone aggettante sulla pubblica via.

Il procedimento civile da un lato condannava la condòmina irrispettosa e dall’altra rigettava la domanda di risarcimento proposta nei suoi confronti dal condominio per violazione del decoro architettonico dell’edificio. Secondo la condòmina l’amministratore sarebbe dovuto intervenire per tutelare il decoro architettonico nei confronti anche dei condòmini che avevano posizionato diversi manufatti (caldaie, armadi, condizionatori) sul prospetto condominiale e sui balconi. Secondo la corte spettava a lei, in qualità di comproprietaria del bene comune, citare in giudizio i singoli responsabili delle violazioni in quanto l’amministratore non ha la legittimazione passiva a rispondere degli effetti pregiudizievoli derivati all’edificio e compiuti dai condòmini stessi ma solo per l’azione (non avviata dalla condòmina) volta all’accertamento dell’illiceità della sua noncuranza.

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